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PUNTATA III - Dove le carte dicono e non dicono, e le persone pure(ascolta)Se qualcuno, in giovane età, le avesse predetto il futuro, quello vero, lei di certo non avrebbe creduto ad una sola parola. Se le avessero pronosticato che la ricca famiglia in cui era nata si sarebbe ridotta sul lastrico nel giro di una decina d'anni, a causa dei debiti di gioco del padre; che quest'ultimo si sarebbe ucciso; che la madre sarebbe morta, di crepacuore, di vergogna, o piuttosto per raggiungere il prima possibile il coniuge dipartito, onde assestargli quei ripetuti calci negli stinchi per la sua insensatezza che non era riuscita a sferrargli in vita; che lei stessa, infine abbandonata e sola su questa terra manigolda, avrebbe dovuto abbassarsi a lavorare, anzi, a prendere servizio presso una famiglia che molto ricordava la sua, senza farne mai davvero parte; e che, pur scalando le posizioni di comando fino a diventare governante, grazie alla sua abnegazione e all'educazione che, come unica eredità, aveva ricevuto dai genitori, sarebbe rimasta una domestica per tutta la vita, benché per una delle più ricche famiglie del circondario. Ebbene, se questo fosse stato il responso dell'oracolo, ne avrebbe riso, riso di cuore, o forse, in quegli anni di privilegio, avrebbe punito severamente l'insinuatore di una simile teoria di infausti presagi. Eppure proprio questo fu quello che toccò in sorte ad Annelore von Kämpis. Era ancora impresso, in lei, il segno dell'onta che aveva patito quando, molti anni prima, aveva bussato alla porta dei von Bauern, e aveva chiesto della padrona di casa. Ricordava la stanchezza del viaggio, della lunga fuga dalla sua vita passata e dalle sue macerie, della spessa intercapedine di miglia che aveva voluto, dovuto frapporre fra la sua terra d'origine e quella munifica tenuta baronale. Le fu aperto, fu fatta sedere. Parlò con la governante di allora, Frau Rickert, e non con Cosima, giacchè questo spettava ad una donna che, sulle prime, aveva deciso di presentarsi come una istitutrice alla ricerca di un nuovo impiego, e non come una marchesa dilapidata e orfana che voglia far visita ad una sua pari. Come ulteriore precauzione e al contempo come segno del suo sforzo di aderire, imitandone le forme, ad una vita che non avrebbe dovuto essere la sua, Annelore von Kämpis si presentò con uno pseudonimo che la rendeva irriconoscibile: Annelore Kempis.Frau Rickert le comunicò che di figli da educare al momento non ve ne erano in quella casa. Ma, favorevolmente colpita dai modi di lei, così squisiti pure per una educatrice di livello, le domandò se avrebbe considerato anche una differente occupazione. Spinta dalla necessità, Annelore aveva annuito, temendo di dover pelar patate e svuotare pitali. La governante le disse che la madre del Barone, Wilhelmina von Bauern, necessitava di cure. I domestici della casa filiale, in cui la donna, anziana e malata, aveva deciso di trascorrere gli ultimi anni della sua vita, erano pronti ad accudirla, ma le mancava una dama di compagnia. Frau Gespenst era morta pochi anni prima, strozzandosi con del nastro di raso, che, nessuno aveva capito mai perché, aveva inghiottito. Frau Rickert avvertì in tutta confidenza Annelore che la Baronessa Wilhelmina era una donna capricciosa e volubile, e che non sarebbe stato facile starle accanto. Parlò anche, con tono allusivo, di "stranezze, eccentrici passatempi che la Signora non gradisce ma tollera per rispetto della suocera." Annelore capì subito che l'anziana donna doveva essere bizzarra almeno quanto sua nuora doveva essere inflessibile. Già in quei primi istanti intuì che avrebbe fatto bene a stare alla larga da quest'ultima. Il lavoro che le veniva offerto non era umile, e le permetteva, forse, di affezionarsi ad una figura materna quale non aveva più. Accettò quindi con gioia, quasi con sollievo l'incarico. Nella sua fuga, non si sarebbe aspettata di meglio. Le cose, in realtà, non andarono proprio così.
***
Quando Karina bussò alla sua porta, Frau Kempis sapeva esattamente per quale motivo era giunta. Glielo aveva detto il cuore; glielo avevano detto le carte.
Una volta preso servizio accanto alla Baronessa Madre, scoprì una donna di buon animo, e facile alla commozione. Il suo tratto un po' burbero la faceva risultare ancor più dolce quando si inteneriva, poiché asciugava le sue parole e i suoi gesti di ogni artifizio, di ogni vuota formalità. Specie quando, cacciando a malo modo le altre inservienti, apriva il comodino in cui era riposto il suo vaso da notte e tirava fuori una bottiglia di grappa al mirtillo e due bicchierini, intonava un "Prosit!" e tracannava diversi giri di Schnapps, a cui Annelore prendeva parte in modo scarso e titubante. La dama di compagnia si rese conto che "Madame", come voleva essere chiamata, più che vivere nella casa del figlio vi era stata reclusa. Dimorava in un'ala fredda e vuota della Villa, e ben di rado Richard e Cosima venivano a farle visita, sia pur per ragioni diverse - Cosima perché la detestava a causa del suo sgarbato alcolismo e del suo intestino regolare, Richard perché era troppo preso dalle donne in generale per dedicarsi ad una in particolare, fosse pure sua madre. Ella era stata certo accolta con ogni onore, a sua disposizione erano state messe diverse cameriere. Eppure Madame era profondamente sola. L'arrivo di Frau Kempis le fece l'effetto di un fuoco caldo, che allontanava il gelo dalle sue stanze e le riempiva di risate, di parole. Wilhelmina soffriva di gotta, e faticava a camminare. Ma con l'aiuto di Annelore ricominciò a mangiare di buon grado, a raccontare storielle salaci, persino ad attenuare le sbornie e ad interessarsi alla propria figura. Pescava dai suoi preziosi bauli certi merletti e certi abiti, ormai fuori moda, semplicemente deliziosi. La sua dama di compagnia, che, per onorare la convenzione, fu ribattezzata "Mademoiselle", era felice di occuparsi di lei. Ella le raccontava molte cose della famiglia in cui si trovava a vivere e le dava l'illusione, per uno strano sortilegio, di riavere la sua famiglia, ma tramutata in nuove sembianze. Quando ormai avevano preso confidenza, Annelore sentì di dover ringraziare la dama facendole dono della propria storia, che iniziò con le parole: "mi chiamo Annelore von Kämpis." Se la rivelazione del nome le strappò un "Embè?", una volta ascoltata l'intera autobiografia di Mademoiselle Madame fu commossa da quel segno di intimità e, calata la notte, le chiese di aprire il cassetto del suo scrittoio. Dentro, avvolta in nastri di raso ("attenta a quel che fai!" l'aveva messa in guardia Wilhelmina), era conservata una scatola d'argento. Annelore la prese e la portò al capezzale della Baronessa. Madame l'apri e le mostrò una serie di dodici carte. Si trattava, le disse, di tarocchi speciali, che aveva ricevuto in dono da uno straniero, su cui non aggiunse altro. Mademoiselle li scorse. Le carte raffiguravano:
1. La Principessa 2. Il Principe 3. La Strada 4. La Morte 5. Il Cavallo Nero 6. Il Cavallo Bianco 7. Le Nozze 8. Il Bambino 9. Il Denaro10. Il Fuoco11. Il Vento12. Lo Straniero
"Tesoro, quasi quasi ricomincerei a leggerli, che ne dici? Se vuoi ti posso pure insegnare, Mademoiselle. Fammi una domanda!" Annelore le chiese se avrebbe continuato a vivere in quella casa per molto tempo. Madame mescolò i tarocchi. "Beh, pesca la prima carta e appoggiala di lato, coperta. Poi pesca l'ultima, e infine una carta nel mezzo. Riponile di lato una a fianco dell'altra. Quindi, voltale." Annelore fece come le era stato detto. Uscirono: il Bambino, il Cavallo Nero e la Morte. Madame guardò a lungo le tre carte. Quindi disse: "Sì, mia cara. Vivrai ancora in questa casa. Ma le cose cambieranno, beh, ... un nuovo arrivato farà la sua comparsa... e rimpiazzerà qualcuno che se ne dovrà andare, finalmente." Frau Kempis non riuscì a reprimere un moto di stupore: le carte parlavano, eccome! Il loro messaggio era chiaro, incontrovertibile, solido come la roccia - se a profetizzare non fosse stata una novantenne tremebonda. Wilhelmina, come leggendole nel pensiero, disse: "Quella stitica di mia nuora considera queste carte il bizzarro passatempo di una donna non più in sé. Dipende da te credere o non credere a quanto ti ho detto. Ma le carte non mi hanno mai delusa. Le carte dicono sempre la verità. E ora passami la grappa." Madame non aggiunse altro, ma, nei giorni successivi, si dimostrò particolarmente propensa a riprendere in mano i suoi tarocchi e a fare "la Lettura". Gradualmente insegnò a Mademoiselle il significato dei segni e come interpretarne il legame. I tarocchi più complessi erano il quinto e il sesto. I Cavalli, diceva, nascondevano un segreto. Erano il bene e il male, il freddo e il caldo, e il loro responso il più ambiguo. Tuttavia bisognava dare loro ascolto, anche se, per farlo, occorreva possedere un grande talento: l'immaginazione. Annelore annuì, benché, se l'immaginazione fosse stata una gara e il talento la coppa del primo premio, lei sarebbe arrivata al traguardo solo alla fine della cerimonia di premiazione.
***
- Oh, Annelore, sono all'orlo della disperazione!- Lo so. Poco fa ho fatto una Lettura, mentre eri dabbasso con tua madre: Principessa, Strada, Vento. - Oh, e quindi?- Significava chiaramente che tu avresti cercato di parlare con tua madre ma non ci saresti riuscita. Ricorda: il vento disfa sempre ciò che si fa, oppure, sì, potrebbe voler dire anche che, camminando troppo, potresti diventare ventriloqua, ma dubito che il senso sia questo, no?- Oh, ... no, penso di no. E poi è vero, non ho detto nulla a mia madre. Ma come avrei potuto? Io non amo Georg e non voglio sposarlo! Non riesco a pensare che a Werther... Oh, Annelore, lo amo, lo amo!- Calmati, piccola mia. Ti farò una semplice domanda (tanto so già la risposta: Principe, Vento, Nozze). Werther sa che lo ami (non penso tu sappia se è ventriloquo)?- Oh, Annelore, perché mi tormenti? Come posso affrontarlo, sapendo che le nostre famiglie si odiano? Come posso sperare di conquistare il suo cuore?- Questo, in effetti, è il motivo per cui sei qui. Sai che l'unica via è dichiararti a Werther. Se lui ti ricambia, forse riuscirai a seguire i tuoi sentimenti. - Oh, Annelore, lo dicono le carte?- Me lo dice il cuore...- Oh, ti prego, fammi una Lettura! Voglio sapere se devo confessare il mio amore a Werther e come reagirà!- Molto bene. Pesca. Sai come funziona, è inutile che te lo spieghi.Karina prese dal tavolo di toeletta di Frau Kempis la prima e l'ultima carta e un tarocco dal mezzo, e li accostò uno all'altro, poi li voltò, tremante.Cavallo Bianco, Straniero, Cavallo Nero.- Oooh!Karina non poté trattenere un singulto. Non aveva mai imparato a leggere le carte e anzi, ne era spaventata tanto quanto la affascinavano. Ma aveva almeno capito che i tarocchi dei Cavalli serbavano ardui presagi. La stessa Annelore parve un poco turbata: la Lettura le presentava un esito difficile, forse oltre le sue capacità di cartomante. Se aveva delle titubanze sul tarocco del Vento, ci si può figurare il suo stato interiore davanti alle tre carte più misteriose del mazzo. Ma non voleva preoccupare all'eccesso Karina, che era già predisposta di suo al tracollo emotivo, e al contempo voleva dar prova di aver ben appreso l'arte che Madame le aveva trasmesso. - Dunque, partiamo dalle mie conoscenze sui Cavalli. I Cavalli... i Cavalli sono due, il Cavallo Bianco e il Cavallo Nero. Come negli Scacchi. I Cavalli sono i due poli di un nucleo magico-profetico di grande potere, che ha il suo centro energetico nel cuore. Il potere dei cavalli fa battere il cuore, lo guida alla bella passione, ma può anche distoglierlo da più alti fini e farlo sprofondare nella bassezza. Mi segui?Karina, che si stava ancora chiedendo il significato di "nucleo magico-profetico", annuì.- Oh, cioè... sono potenti?- Brava Karina, sono potenti. Ma sono due poteri contrapposti. - Oh, sì. Quindi?Frau Kempis non riusciva a ripetere a pappagallo ulteriori nozioni equestri apprese dalla Baronessa Madre, poiché le aveva scordate. Andò dunque al sodo.- Quindi... Karina, mia cara, non sempre le carte ci dicono le cose chiare e tonde. Spesso ci invitano ad andare avanti per conto nostro. La Lettura di oggi ci sprona, sull'esempio dei cavalli, a lanciarci al galoppo. In sostanza: tu devi ascoltare la voce del tuo cuore. Il tuo cuore è conteso dal Nero e dal Bianco. Devi capire quale cavallo ha la meglio nel tuo animo. - Oh, Annelore, come posso capirlo?Qui venne l'illuminazione, a cui Annelore anelava. - Tu sei contesa tra due uomini, non è così? Le carte pensano che tu debba fare una scelta, e se la tua scelta è chiara, come so, allora devi seguirla fino in fondo. Uno dei due cavalli ti incita verso Werther, l'altro ti conduce a Georg. Se hai scelto su quale puntare, allora devi giocarti tutto.- Oh, quindi le carte dicono di dichiararmi al più presto? Oh, Annelore, grazie, grazie!- Io non ho fatto altro che leggere - concluse con modestia la governante.Benché l'interpretazione dei due tarocchi fosse cambiata almeno tre volte nel corso della Lettura di Frau Kempis, essa risultò, grazie alla sua vibrante chiusa, semplice e lineare. Karina ottenne dalle carte quello che voleva: un invito a confessarsi a Werther, e, per questo, ne fu soddisfatta. Era così entusiasta, che soltanto mentre usciva dalla stanza le sovvenne di un piccolo dettaglio.- Oh...e lo Straniero? - Ah. Beh,... lo Straniero indica un incontro inatteso che si approssima. Non sempre è collegato con le altre carte della Lettura. A volte anticipa qualcosa che avverrà tra molto tempo. E' un segnale di cui tenere conto, ma per ora non possiamo valutarne l'effetto. - Oh, grazie. Sei una vera guida! Buonanotte!- Di nulla. Buonanotte, Karina.
***
Ancora una volta, la Verità aveva fatto la sua comparsa nel cantuccio del suggeritore sotto il palco. E ancora una volta, l'attrice al centro della scena, bisognosa d'imbeccate, era Annelore. E ancora una volta, ad assistere al posto d'onore era seduta Karina. La rappresentazione di quella sera le fu particolarmente congeniale, tanto che non riuscì a dormire tutta la notte. Chi sarebbe stato seduto al suo fianco nel palco reale? Werther? Chi, invece, avrebbe semplicemente fatto da guardarobiere all'ingresso? Georg? Di una cosa, almeno, si poteva essere certi: il direttore del teatro, occupato a calcolare l'incasso e attento a che gli spettatori non entrassero senza biglietto, era tale e quale a sua madre Cosima.Già, sua madre. Che ne sarebbe stato dell'onore dei Von Bauern, se avesse assecondato il suo amour fou? Che avrebbero detto Arthur e suo padre? Quale punizione le avrebbero inflitto tutti insieme?Ma Karina non poteva pensare a questo. Non poteva perché l'avrebbe fatta desistere dal suo proposito. Non poteva perché voleva far sua la "nocciola magica dei Cavalli", o qualunque cosa avesse detto Annelore. Non poteva, soprattutto, perché i suoi pensieri avevano messo le ali ai piedi alla Notte, che si era dileguata con grande rapidità. Fuori oramai albeggiava, e Karina non voleva perdere la sua occasione.Sapeva infatti che Werther soleva alzarsi molto presto per fare una passeggiata a cavallo costeggiando il torrente Sauer. Qualche volta, con la scusa di portare la colazione a Kurt o a quel che ne restava dopo una delle sue punizioni, si era spinta fino ad una tozza collina soprannominata Hertha, dove Werther di solito scendeva da cavallo e si metteva a scrivere o a disegnare. Era un luogo incantevole, dove era sicura di trovarlo solo. Se fosse uscita subito, sarebbe stata di ritorno senza che nessuno se ne accorgesse, o forse - la sua fantasia viaggiava già a briglia sciolta - sarebbe fuggita con lui in un altro paese, senza mai più tornare. Karina si vestì in fretta e uscì di casa dall'ingresso sul retro. I domestici erano ovviamente già in piedi; a quanto pareva, Frau Heller stava malissimo a causa della sua pena della sera prima, e per fortuna, perché, occupati da lei, quasi nessuno la notò. Si recò nelle scuderie, dove gli stallieri erano al lavoro.- Kurt! - chiamò.- Signorina, voi qui...? - diventato del colore dei suoi capelli, Kurt fece un goffo inchino col capo.- Preparami Julius.- Sì... certo Signorina, subito!Kurt sellò un magnifico purosangue bianco e lo consegnò a Karina, che montò in groppa e corse verso il torrente. Si potevano dire molte cose poco lusinghiere sul suo conto, ma di certo sapeva cavalcare. Superò velocemente la boscaglia, puntò a destra e in pochi minuti fu ai piedi di Hertha. Werther era lì. Sulla cima della collina, intento ad osservare qualcosa con un cannocchiale. Le carte, dunque, dicevano il vero! Era il momento, era l'occasione, e doveva coglierla al volo! Karina scese da Julius con grande spasimo, senza accorgersi che il suo vestito si era impigliato nelle staffe. Cadde a terra. Rialzatasi, scoprì che la sua gonna aveva un lungo squarcio. Non se ne preoccupò. Un gregge di pecore al pascolo si frapponeva fra lei e l'altura. Non ne fece una questione personale (in fondo gli armenti non avevano motivo di biasimarla) ma si buttò in un faticoso periplo, e dovette anche montare su uno degli ovini che non voleva spostarsi, oltrepassandolo. Ora non c'era più alcun ostacolo. Iniziò la salita, con gli occhi fissi su Werther. Pestò diversi escrementi animali, il vento le spettinò l'acconciatura, ma non le importava più di nulla. Il suo coraggio era quello di un leone, nulla l'avrebbe fermata. Se in quel momento sua madre si fosse intromessa tra lei e il suo amore, sarebbe riuscita ad evitarla, forse persino a schiaffeggiarla. I Cavalli erano in lei, e il loro nitrito si spandeva per tutta la valle. Che le fosse amico il Nero o il Bianco, che i due galoppassero l'uno a fianco dell'altro, era indifferente. Essi riempivano la sua anima, le davano forza. Ancora qualche passo, e sarebbe giunta sulla vetta. Ed ecco, c'era.- Werther!Il giovane distolse lo sguardo dal suo strumento, accomodò i bei capelli biondi e si voltò.- Sì? Ah. Karina.La sua espressione non era delle più invitanti. Del resto, nemmeno l'aspetto di Karina invitava ad avvicinarla. Era lorda di fango e sozzure ovine, scarmigliata e con una luce d'ossessa negli occhi. Ella, comunque, non vide la reazione di Werther.- Werther!- Buongiorno, Karina. Che cosa ci fate qui? - il Conte von Bernau aveva ripreso il suo solito tono affabile e affascinante. - Che singolare situazione!- Werther, devo parlarvi!- Qualcosa d'importante? Nel qual caso, perché non aspettate? Se volete, potremmo far colazione insieme.Benché fosse allettata dalla proposta, Karina capì che aspettare avrebbe introdotto variabili incalcolate, e un rischio di fallimento. "Battere il ferro finché è caldo", avrebbe detto Kurt.- Werther, no, devo parlarvi ora!- D'accordo, allora. Dite pure.- Werther, io vi amo! Oh, vi amo tanto, tanto! Vi amo dal primo giorno che vi vidi! Werther, dite che mi amate, ditelo! E sarò vostra moglie!Era riuscita nel suo intento. Aveva svuotato il suo cuore. I Cavalli tacquero all'istante. Un silenzio di marmo avvolse quel momento. Un vento gelido si levò su Hertha.Von Bernau era come impietrito. Arrossì, impallidì, avvampò. Sembrava al contempo abbattuto e come irato. Chissà che genere di cavalli aveva in corpo.Si girò verso un punto oltre la collina, quindi guardò il cannocchiale, infine Karina.- Avete un aspetto poco lindo. Vi suggerisco un po' di toeletta. Buona giornata.Werther salì sul suo cavallo nero, ed ecco: non c'era più.
***
Che cosa era accaduto? Quale genio maligno aveva insufflato in Werther il suo alito di morte? Per quale ragione egli aveva reagito in quel modo? - Uh, non mi ama, non mi ama! - Gemette Karina, incontrando un inaspettato pubblico nelle pecore che poco prima aveva superato e che ora le stavano alle costole. In lacrime, scostandosi per evitare le corna di un montone, si accorse che Werther aveva dimenticato il suo cannocchiale.Ma certo, che cosa stava osservando? Era la chiave per dischiudere i motivi del suo atteggiamento? Karina afferrò l'oggetto e lo puntò sulla valle, più o meno dove Werther osservava. Scorse suo fratello Arthur. Che scrutava qualcosa con un cannocchiale, più a valle. Ne seguì la traiettoria, e vide Georg. Che fissava qualcosa con un cannocchiale, anzi, che puntava lo strumento verso Hertha. A meno che non stesse spiando il montone e la pecora che fornicavano alle sue spalle senza pudore, Karina comprese che Georg stava osservando proprio lei.Karina, Werther, Arthur, Georg. Karina, nuovamente. Che cosa disegnava quel quadrilatero relazionale dal dubbio significato? Sopraffatta dalla disperazione per esser stata respinta, o dall'incapacità di capire la situazione, o forse ancora dalle troppe domande che intasavano la sua mente, Karina svenne, cadendo fatalmente in una pozza, non particolarmente limpida, dove gli ovini si abbeveravano.Quasi simultaneamente giunse al galoppo Von Bernau. Si avvicinò a Karina e la fissò con una smorfia divertita. Era tornato a cercare il cannocchiale che, negli imbarazzanti momenti di poco prima, aveva scordato. Risalì sul cavallo, che si mise a bere alla polla dove giaceva la piccola Von Bauern. Werther lo lasciò fare, così come lasciò Karina dove si trovava. Controllò il fondo valle. Arthur era sparito. Quindi, continuando a ridacchiare, se ne andò. Dopo qualche minuto, un cavallo bianco giunse su Hertha. Il cavaliere disperse gli armenti e accorse con grande premura dalla bella addormentata nel fango. Le deterse il viso con un fazzoletto di seta, mormorando il suo nome. Ma ella non rispose. La prese dunque fra le sue braccia, e con delicatezza la depose sul dorso del suo purosangue. Montò in sella, e si diresse a Villa von Bauern.
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