Mappe
Creato il 22 ottobre 2011 da Ilpescatorediperle
La gente si divide in due principali categorie.Quelli che, in villeggiatura in una qualche città, se ne stanno davanti con la mappa del luogo e orientano il gruppo portandolo ora di qua ora di là, e quelli che stanno dietro questi e si fanno condurre. Essi a loro volta si dividono in due categorie: quelli che, per pigrizia o indifferenza al tutto, preferiscono farsi sballottare a destra e a manca che decrittare una mappa ostile, e quelli che, pur non avendo comunque alcuna intenzione di porsi alla guida, mettono in dubbio ogni svolta del percorso, seminando il sospetto che si tratti della svolta sbagliata, interrompendo la marcia per chiedere consiglio ai passanti, spesso riportando in modo errato quanto hanno ottenuto e creando, loro, l'errore nel percorso che a monte, forse, non esisteva. Ma anche quanti detengono la mappa si dividono in due categorie. Quelli che amano dar mostra della propria abilità nell'orientamento, acclimatandosi in qualunque luogo dell'orbe terracqueo al primo colpo, e che, se capita loro di sbagliare strada, non lo ammettono nemmeno se questa li porta a cadere in un precipizio, e quelli che, volenti o nolenti, si rendono conto che questo compito di trovare la propria destinazione qualcuno deve pur prenderlo sulle proprie spalle, e si acconciano ad istruire gli altri.Ovviamente esistono tutta una serie di soglie intermedie tra queste quattro cocche del tovagliolo.La soluzione più facilmente invocata per risolvere tali divisioni è quella del "fare a turno": un principio utopico fin dai tempi dell'uso dell'unico pennarello giallo quando tutti vogliono disegnare il sole all'asilo d'infanzia. Un giorno bisognerà pur ammettere che nessuno vuole davvero fare a turno nella vita. Il problema è che da un lato chi si fa guidare, per quanto critico, non ha spesso alcuna voglia di saltare la siepe e di cambiare parte in commedia; dall'altro, chi guida, per quanto esacerbato, non coltiva alcun desiderio di farsi guidare a sua volta.L'altra soluzione possibile è quella di gettare la mappa. Ma che cosa significa privarsi della mappa? La mappa ha diversi inconvenienti, senza dubbio.Nel suo scherzoso progetto di Cacopedia, Umberto Eco immaginava le condizioni per creare una mappa (ripresa da Borges) 1:1 del mondo. Più che una mappa, un ritratto. Al di là dell'evidente (voluta) impraticabilità della cosa, la mappa 1:1 è completamente inutile. Il che ci porta al paradosso per cui più una mappa è precisa (e quindi, grande), meno ci serve. Perché una mappa sia servibile deve essere una riduzione, un'astrazione di ciò di cui è mappa. Per poter funzionare non deve contenere tutto ma soltanto qualcosa, ciò senza cui sarebbe, d'altro canto, nuovamente inutile. Tra la mappa 1:1 e il disegno immaginario di una città esistono infinite mediazioni, alcune delle quali ci portano dalla parte giusta. La mappa, per quanto imprecisa, è tutto ciò che abbiamo. In genere non sappiamo chi l'ha fatta, come del resto non sappiamo chi ha fatto ciò di cui è mappa, ma quantomeno c'è, è lì.Certo, la mappa è un limite. Essa crea un'aspettativa, quella che vuole andare a vedere cosa c'è al di là della mappa. Forse limitarsi alla mappa è un esercizio di mediocrità. Potremmo anche strapparla e andare in mare aperto, costi quel che costi. I grandi cambiamenti non li hanno compiuti quelli che seguivano la mappa, ma quelli che, infischiandosene, l'hanno oltrepassata. Alla fine, hanno reso necessario riscriverla. Ma seguire la mappa non ha nulla di cruento? Nei suoi limiti sei in salvo (ammesso che quello che ti interessa davvero sia metterti in salvo)? Non è chiaro. Comunque, stai attento a quel palo a cui vai incontro per leggere la mappa.
da TEMPI FRU FRU
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