Erano in 4000 a rendere omaggio a Kevin Durant e agli altri all’aeroporto di Oklahoma City al ritorno da Miami, dopo la sconfitta in gara 5 che ha consegnato il titolo agli Heat. Tantissimi tifosi, che come accaduto l’anno passato dopo la sconfitta contro i Dallas Mavericks, sono voluti stare vicini ai loro beniamini intonando il più classico degli “O-K-C”, “O-K-C”! La sconfitta in queste Finals ha assunto proporzioni imprevedibili, non tanto per l’imbarcata di gara 5, quanto perchè alla vigilia, e dopo gara 1, non erano in molti quelli che vedevano l’anello in direzione di LeBron James e soci.
I Thunder hanno giocato dei playoffs ad Ovest semplicemente devastanti, dove hanno distrutto i Dallas Mavericks, poi i Los Angeles Lakers e infine i San Antonio Spurs, rimontando da 0-2 e chiudendo 4-2, dimostrando una superiorità tecnica e fisica su due lati del campo che gli ha permesso più volte di andare sotto pesantemente, e poi di rimontare. Questa pallacanestro fatta di prepotenza assoluta non è servita in finale, perchè OKC ha trovato di fronte una squadra, i Miami Heat, la cui forza di volontà e il desiderio di vincere hanno colmato una differenza in termini di talento abbastanza evidente.
Purtroppo la gioventù dei Thunder ha influito, non solo per quanto riguarda i giocatori, ma anche per il coaching staff, Scott Brooks in primis, che non ha mai saputo rispondere alle imboscate di Erik Spoelstra. E poi ci sono dei casi piuttosto incredibili da commentare: James Harden, determinante nei playoffs, è di fatto sparito nelle Finals, con 12 punti di media ma senza praticamente segnare mai (percentuali ridicole), Serge Ibaka ha mostrato pause decisive, soprattutto in difesa, e Kendrick Perkins spesso e volentieri, polemizzando con i compagni che non lo servivano in attacco (dove peraltro è quais nullo), non ha fatto il suo in difesa.
Brooks ha provato a puntare sui Sefolosha, sui Fisher e sui Nick Collison di turno, ma purtroppo, per quanto siano degli scienziati delle piccole cose, non erano i deputati a mettere le giocate decisive, anche se spesso è toccato a loro prendersi responsabilità che non dovevano. Che dire di Westbrook e Durant? Russell ha tirato fuori una gara 4 leggendaria da 43 punti, più volte è stato l’unico giocatore a tenere in vita OKC ma il 3 su 22 da tre nella serie, le solite forzature nei momenti chiave e delle distrazioni difensive imbarazzanti, lo hanno tradito.
Su Durant, personalmente, avrei poco da dire. L’ultimo ad arrendersi, vederlo trattenere a stento le lacrime in panchina consolato da Westbrook e Harden e poi il pianto a dirotto nel tunnel degli spogliatoi abbracciato da mamma Wanda, sono stati momenti toccanti. 30 punti di media (36 in gara 1) con il 55% dal campo e il 40% da tre sono cifre senza senso, abbinate ad una pulizia di gioco e ad un’immarcabilità uniche. Contro LeBron ha faticato, in difesa e in attacco, spesso ha lasciato la palla a Westbrook e quando ce l’aveva, più volte l’ha persa cercando di andare solo contro tutti. Per non parlare della difesa, ancora acerba e ingenua.
In generale i Thunder hanno pagato la pressione, l’emozione e l’abitudine a giocare finali tirati. Dire ora se torneranno in finale già dall’anno prossimo è presto, però, come ha detto LeBron James, una sconfitta così cocente e dolorosa non può che far bene, soprattutto ad un autentico fenomeno come Kevin Durant.